Il primo irreprimibile desiderio che fa capolino durante i miei soggiorni napoletani è la visita ad uno dei luoghi più suggestivi e gioiosi della città: il mercatino. Per mercatino intendo quello rionale, il mitico Antignano. Spesso e volentieri, lontana dalla sirena Partenope, mi chiedo come io possa vivere senza quelle visite quotidiane. Non che nella capitale manchino tali luoghi, come quello del mio quartiere d’adozione, il mercato di Testaccio. Però, definire tale un luogo al coperto con banchi chiusi in recinti circoscritti, ordinati e silenziosi, con prezzi esposti e, magari, pure stampati su cartellini, non mi sembra pertinente.

E così, zitt zitt, lì m’ aggiro tra le bancarelle in quel miscuglio umano fatto di voci, urla, gesti, sguardi e, soprattutto, sorrisi. Una congerie inestricabile che non ammette barriere, suddivisioni, separazioni. Colori scintillanti, folgoranti, ammalianti sotto tendoni multicolori.

E così ieri, il mio primo pensiero è stato di appagamento. Appena varcato l’angolo odo: «E’ o’ compleann ra mascherina! Fà ddoje anni. Accatat in offerta!» oppurre «Simm asciut pazz! Moda Gucci, Prada, Sant Loràn, a 10, 20 e 30 euri! Accattat e ca Maronn va accumpagn!». Mi aggiro avida tra pezze, scarpe, intimo, borsette, cianfrusaglie varie finché una parusia inaspettata: il banchetto delle piante grasse, con la visione della mia agognata eletta. La mente viaggia fulminea e ritorna al chiosco del fioraio di piazza Santa Maria Liberatrice a Roma in cui LEI, sovrana, campeggia da un anno in vetrina, nel suo vaso rosso carminio con su scritto 50 € ed io che, immancabilmente, la guardo e sospiro.

Ritorno mentalmente ad Antignano e, timorosa, mi avvicino ad un gruppetto di maschi distratti che starnazzano con voci quequere intervallate a trombette da stadio a meno di un metro di distanza. O’ pallone über alles, per carità! Dimentica per un istante delle mie origini, oso: «Chiedo scusa per l’interruzione, potrebbe dirmi il costo della cereus forbesii spiralis?» E il maschio più basso risponde: «15 euri signò!». Lo guardo stupita e lui, mal interpretando il mio pensiero, aggiunge: «Ten pur o vas e’ coccio. Sul iss viene 3 euri! A vulit?». Irretita in una dimensione a me estranea, come in una discordanza inconsapevole, mi sento smarrita, sdoppiata e, anche, appiattita. Guardo l’ometto inebetita, non sapendo cosa rispondergli finché una folgorazione attraversa la mia mente, come pure la consapevolezza che si possa sempre fare di meglio nella vita e rispondo: «Per ora no, grazie. Magari ritorno.» Ogni luogo richiede la propria identità, il proprio linguaggio, i propri codici di comunicazione che costituiscono la sua essenza, come ogni individuo è se stesso e altro a secondo del contesto.

Il primo pensiero, stamattina, è stato per lei e per me stessa. Dismetto, quindi, gli orecchini di perle, le unghie nature, il sandalo neutro ed il vestito castigato per agghindarmi con orecchini a lampadario, unghie color viola, tacco e abito colorato. Decisa e prepotente mi dirigo nuovamente al banchetto: «Quant a’ facit chesta ccà?» indicando inequivocabilmente la “mia” cereus. «10 euri, signò!»

di Tima Dano