Donna Franca Jacona della Motta di San Giuliano, ramo Notarbartolo è una donna protagonista nell’arte, ma non solo. E’ l’inarrivabile ed inimitabile regina di Palermo in un’epoca d’oro che vedeva la Sicilia al centro dei commerci grazie all’abilità imprenditoriale della famiglia Florio. Conosciuta appunto come Donna Franca Florio, per aver sposato, nel 1893, Ignazio jr l’ultimo discendente della ricchissima famiglia di origine calabrese. E’ l’ultima stella a brillare tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, prima che la fortuna finanziaria della famiglia crollasse. Lei, figlia unica di un barone, colpì con la sua bellezza e gentilezza il ricchissimo borghese che la corteggiò incessantemente e la seguì fino a Livorno dove si era trasferita con la famiglia per sfuggire ai creditori.

Considerata particolarmente alta per l’epoca, aveva una carnagione olivastra, labbra carnose ed occhi smeraldo. Il portamento era regale nei suoi 173 centimetri d’altezza e nella vita di appena 56. Ciò che colpiva era la sua innata eleganza, la cultura, la naturale capacità conversativa, l’amore per il gioco delle carte e la generosità verso gli indigenti, tanto da far preparare cento pasti al giorno nella cucina della sua abitazione. Divenuta dama di corte della regina d’Italia, per dovere di rappresentanza, acquistava gli abiti presso il rinomato couturier Gabriel Worth a Parigi e presso le migliori sartorie palermitane e napoletane. Il marito le faceva dono dei più bei gioielli, prediligendo la casa Cartier.

Fu così che Ignazio jr, affidò il ritratto dell’avvenente donna Franca agli artisti più richiesti del momento: Francesco Paolo Michetti, Ettore De Maria Bergler, Pietro Canonica e il più ricercato dall’alta società internazionale, il ferrarese Giovanni Boldini.

Quest’ultimo lasciò Parigi per qualche tempo per recarsi a Palermo, ospite dei coniugi, dal febbraio 1901 fino a metà marzo dello stesso anno. Le sedute di posa erano dei veri e propri eventi mondani a cui assistevano le amiche di donna Franca per vedere il famoso artista all’opera. Risultato ne fu la prima versione dove la donna appare fulgente, aristocratica, divina. E’ il tema del ritratto rinnovato ed interpretato da Boldini secondo il gusto delle più moderne tendenze. Le donne apparivano a figura intera e a dimensioni naturali, il volto riconoscibile, ma le posture erano riprese dalle riviste di moda dell’epoca, assecondando l’esigenza di un modello ideale di bellezza. Il fascino era accentuato dall’abilità del maestro nel saper catturare l’intrinseca personalità della modella, repentinamente ed indelebilmente fissata sulla tela. Ciò che proponeva era un tipo di donna anticonformista, padrona del suo destino, consapevole del proprio corpo e della propria personalità, come piaceva all’alta società internazionale, ma come non era gradita ad una borghesia meno illuminata.

Le clienti del maestro seguivano le ultime tendenze della moda che vedevano protagonista il corpetto. Esso esaltava un’innaturale forma a “S” del corpo: un vitino da vespa con l’evidente sporgenza del petto in avanti e del bacino all’indietro. Una forma ed una posa voluttuose che hanno portato alla famosa proporzione 90/60/90. Ed è proprio così che appare Donna Franca nella prima stesura del 1901, testimoniataci da una foto presente nell’archivio di casa Florio. La scelta congiunta di pittore e modella propenderono per un abito di velluto nero, strettissimo in vita ed attillato sui fianchi e sulle gambe, per lo scollo a V e per la pettinatura alta a chignon sopra la testa. Il vestito proveniva dall’atelier “A’ la ville de Lyon” di Napoli, dove si serviva la maggior parte della nobiltà meridionale. Aveva un sottabito di raso in modo da far vedere il ricamo ad intaglio meccanico. La splendida veste lasciava scoperta solo la punta delle scarpe. Boldini decise, o forse donna Franca stessa, di non usare la pettorina che copriva la scollatura e che era abbinata all’abito tradizionale. Lo stesso vestito, in questo modo, poteva essere usato in una versione da giorno più castigata e una da sera più scollata. Ben in evidenza la proverbiale collana di 365 perle peau d’ange di Cartier, lunga sette metri che, insieme alla spilla-ricamo e alla stola, adornavano la lussuosa mise.

Donna Franca sembra ancheggiare secondo la posa serpentinata delle donne di Boldini, in modo innaturale ed esagerato tanto che, se fosse vera, non riuscirebbe a stare in piedi. La scollatura, la forma della gonna, la posizione delle braccia e la direzione dello sguardo di Franca sono allineati con gli standard di eleganza dell’epoca. Raffinato appare il contrasto dell’incarnato ed i toni grigio-neri dell’abito. Certo è che il quadro non piacque ad Ignazio jr, pare per l’innaturalezza della forma piuttosto che per la sua voluttuosità, tanto che fu richiesto all’artista di modificarla, dopo la sua esposizione alla V Biennale di Venezia del 1903.

La storia della tela continua con una seconda stesura, avvenuta negli anni a ridosso della prima guerra mondiale, come ci documenta una foto e, finalmente, la stesura finale del 1924 come ci viene restituita oggi nel Grand Hotel Villa Igiea a Palermo.

Boldini intervenne sulla stessa tela, utilizzando pesanti pennellate di biacca per modificare la posa e l’abito. Nel 1924, i tempi erano cambiati. La grande guerra aveva lasciato strascichi, ma aveva portato le donne ad acquisire una nuova concezione di sé. Ciò si rifletté anche nella moda che abbandonò il soffocante e deformante corpetto, insieme ai pesanti velluti e broccati, per alleggerirsi nelle forme e nei tessuti. Protagonista incontrastato di quegli anni a Parigi fu il couturier Paul Poiret che, dopo un viaggio in Marocco e spinto dalla neonata passione per l’Orientalismo, introdusse nella moda un nuovo capo d’abbigliamento: la jupe-culotte, un pantalone alla turca sotto una tunica che arrivava al polpaccio. E’ proprio il novello modello che donna Franca indossa nell’ultima versione, insieme ad una postura meno acrobatica che la fa risaltare maggiormente come donna più che come modella da rivista patinata. Ad essi si aggiungono l’aggiunta di due bracciali e di una sedia. A questo punto, la nobildonna chiese a Boldini d’inviare il suo ritratto, finalmente modificato, all’indirizzo di via Sicilia, 138 a Roma.

Il quadro non vi arrivò mai e, anzi, nello stesso anno fu acquistato dal banchiere Rothschild, che si recò personalmente presso l’atelier di Boldini.

La mancata consegna rimane un mistero insoluto. Probabilmente la sua sorte è legata al tracollo della fortuna dei Florio, che vide, nel giro di pochi anni, impegnati tutti i gioielli di Donna Franca e tutte le proprietà vendute.

Un mistero che, forse, non verrà mai svelato, ma certo è che la regina di Palermo rimarrà sempre tale grazie, non solo alla sua originale personalità, ma anche alla grande abilità di Boldini nel saper rendere immortali le splendide donne che sono state toccate dal suo pennello, bloccandole per sempre nel momento del loro massimo splendore.

FaTima GiorDano

Donna Franca Florio in una fotografia del 1921 (foto dal web)
Ettore De Maria Bergler, Donna Franca Florio, 1893
Pietro Canonica, Franca Florio, 1900-1904, Roma, Museo Pietro Canonica (foto dal web)
Giovanni Boldini, ritratto di Franca Florio, 1901 in una foto dell’archivio di casa Florio (foto dal web)
Abito della versione del 1901, Firenze, Collezione di Palazzo Pitti (foto dal web)
Fotografia di G. Boldini con alle spalle la seconda versione, Bologna, archivio Boldini (foto dal web)
Giovanni Boldini, ritratto di Franca Florio, 1924, Palermo, Grand Hotel Villa Igiea