C’è una sensazione straordinaria che mi ha sempre accompagnata e spero non mi abbandoni mai: il senso di continuità con il passato. Ci sono dei luoghi che riescono ad evocarmelo più intensamente di altri. Mi fanno sentire completa, potente, orgogliosa, parte di un tutto, in armonia con la vita e con me stessa. Tutto ciò che è stato, è in me e non può essere diversamente.

Paga di questi sentimenti, talvolta mi aggiro per i vicoli del centro antico di Napoli. A volte riesco a viverlo nella sua vera identità. Una congerie intricata, una poltiglia ammassata di arte, disordine, fascino, raffinatezza, pacchianeria, cultura, ignoranza, di cura del superfluo e abbandono del necessario. A volte appare un luogo desolato, sgombro da quella movida fatta di bottiglie di birra e cicalecci stordenti. Mentre cammino, considero che l’alta densità abitativa della mia città è direttamente proporzionale alle preziosità storico-artistiche presenti in quei pochi chilometri quadrati. Si avverte tutta la gravità del passato trasformato in antri bui, muri scrostati, trascuratezza, ma i luoghi, come le persone non possono vivere di solo passato, hanno bisogno di perpetuarsi. Il centro, accanto alle nuove “vocazioni” che gli sono state conferite, forse un po’ snaturandolo, continua a mantenere un legame con l’arte e, al contempo, con la sua destinazione popolare grazie anche alla presenza di murales realizzati da street artists. Essi dialogano con il passato e con le persone che abitano quei luoghi e ciò rende il centro contemporaneo, vivo, frizzante ed eterogeneo. Tra le varie opere che adornano i muri consunti, non è stato il grande ed egocentrico “san Gennaro” di Jorit e nemmeno l’orgogliosa “Madonna con la pistola” di Banksy ad attrarmi particolarmente. Entrambe si sono auto-iconizzate: la prima per essere divenuta un’immagine simbolo di un determinato schieramento di pensiero, tipo Che Guevara e la seconda, principalmente, perché firmata da uno dei più noti street artists internazionali. La vera essenza di un’arte, in stretta relazione con i luoghi e con le persone del luogo, è opera, a mio avviso, di una donna dell’arte che porta il nome di Roxy in the Box. Rosaria, in quanto donna, avrà sicuramente sviluppato l’abitudine a muoversi nella ristrettezza di un circuito delimitato, la box appunto, e con un fare discreto, ma incisivo, ci svela il senso di questo dialogo. Girando l’angolo di via dei Tribunali, oltre via Duomo, si accede ad una discreta e preziosa piazzetta. Lì ci s’imbatte nella “Mission possible” di Roxy. Essa non s’impone, ma svela. Si rapporta col Pio Monte della Misericordia, col Duomo e con l’obelisco di san Gennaro che perentorio e rassicurante, sovrintende.

La piazzetta lega i protagonisti di questi luoghi sacri: san Gennaro e Caravaggio, che fatti di carta impermeabile, campeggiano su di un paramento murario grigio e scorticato. Sono i miti di Roxy, riattualizzati, umanizzati e rivisitati. San Gennaro vicino al Pio Monte volge la testa verso il Duomo e Caravaggio, dal lato del Duomo, volge la testa verso la chiesa che ospita la sua meravigliosa tela delle Sette opere di Misericordia. Entrambi stringono nelle mani un quotidiano. Il primo il “24 ore”, il secondo il “New York Times”. Due testate geograficamente lontane, ma vicine nell’intento comune di mettere Napoli al centro, invocando la necessità del lavoro per tutti attraverso il rilancio dell’arte e del turismo. La vocazione artistica della città è riconfermata, sottolineata, come anche la vita che si muove incessante tra i vicoli attraverso la socialità e perché no, anche tra i giochi dei bambini e degli adulti, come sottolinea il Super Santos arancione posto casualmente sotto il piede destro dell’artista lombardo. Duecento, Seicento e Duemila vivono in armonia e scambio, perpetuandosi, rinnovandosi nell’identità intrinseca della città e dei suoi abitanti.

di FaTima GiorDano

Roxy in the box, Mission possible, 2016, Napoli (foto dal web)
Roxy in the box, Mission possible, 2016, Napoli (foto dal web)
Roxy in the box, Mission possible, 2016, Napoli (foto dal web)
Napoli, piazza Cardinale Sisto Riario Sforza (foto dal web)
Michelangelo da Merisi, Sette opere di misericordia, 1906-1907, Napoli, Pio Monte della Misericordia, 1906-1907 (foto dl web)