Volver, cioè tornare in patria, coincide anche con l’andare a trovare i nonni materni. È una visita di natura unilaterale, poiché a parlare sono solo io. Loro ascoltano, forse.
Dagli anni Settanta si trovano in provincia di Napoli, più precisamente in un paesino dal nome grottesco e onomatopeico. La loro dimora è un’architettura fascista, realizzata rigorosamente in marmo bianco con i simboli della morte: ossa, fiaccole e clessidre. Sul frontone, inciso a scrittura capitale, il cognome del nonno che si occupò della sua realizzazione. Nel tempo vi hanno trovato ospitalità i suoi fratelli, le loro mogli, i figli, i cugini.
Tre le certezze costanti della mia vita: che i cani sono creature meravigliose, che la montagna è un luogo deprimente dove trascorrere le vacanze, che mai avrei avuto il problema della “casa”, una volta passata a miglior vita.
Finché in un’afosa ed opprimente mattina di luglio, Paolino, custode del regno dei morti, via cellulare mi piega che “U cugnomm …..E’ iss o padron ra cappell…. Ha scassat o’ catenacc Ha chius tutt’ cos…..Nun se po traser cchiù”.
L’interpello familiare, nel ristretto triangolo Napoli-Roma-Parigi, sortisce un’ipotesi sull’identità del lontano cugino autore del rapimento dei morti e dell’impossessamento della cappella gentilizia. Seguono: studio attento del regolamento di polizia cimiteriale, telefonate al comune del paese e all’avvocato il quale mi spiega che il cimitero, nei piccoli centri, è un affare antropologico.
E fu così che un giorno, un lontanissimo cugino, di cui ignoro l’identità, ha deciso, in virtù del cognome inciso all’ingresso del sacrario familiare, di poter fare il padrone e d’impedire l’ingresso e la sepoltura di chi quel cognome non porta. Non contano la Costituzione italiana con la parità di genere, non contano i legami di sangue sanciti nel regolamento, non conta che non si possa essere proprietari di una cappella, ma solo concessionari. Ciò che vale è il patriarcato antropologico! Signorsì!
Ad avere l’accesso, per il diritto di culto, ci sono riuscita. Per la sepoltura, aspetto il certificato del Comune, se mai arriverà. Io devo affannarmi a dimostrare i miei diritti. A lui è sufficiente autodeterminare ciò che vuole. Ma che fa?! Il patriarcato è una consuetudine, un diritto intrinseco e di natura. Lottare strenuamente contro di esso? Una forzatura, una fissazione, cose di chi non ha nulla a cui pensare. Con tutte le cose più importanti che ci sono da fare, EH!!!
FaTima GiorDano
